Queste sono le storie di Nadia e di Carlo i quali attraverso una serie di colloqui hanno ridato senso al disagio che da tempo li affliggeva.
La storia di Nadia
Quando Nadia si presenta al mio studio riferisce di provare una forte ansia nelle situazioni più disparate (supermercati, gallerie, autostrada, relazioni, etc.) e che la sua vita è diventata improvvisamente diversa e difficile, a dispetto del periodo di serenità che, a suo dire, dovrebbe provare. Infatti, Nadia ha una lunga storia con Paolo, il compagno che più di altri ha saputo comprendere la sua sensibilità d’animo e farla sentire amata.
Tuttavia, a suo dire, l’ansia sarebbe emersa proprio durante il periodo in cui i due progettavano il loro futuro matrimonio. E per questo, pur non avendo dubbi sull’amore per il suo compagno, ha cominciato a pensare che forse non è così sicura di volerlo sposare.
Infatti, la sua ritrosia e l’ansia avvertita all’idea di compiere il gran passo, cominciano ad essere interpretate come un segnale che forse non è più innamorata. E’ tormentata da questo pensiero, ha continui risvegli notturni durante il sonno, ed è pervasa da un senso di angoscia. Si confronta costantemente con le amiche, le quali non possono che confermarle il suo scetticismo. Decide quindi di contattare uno psicologo che dopo varie sedute le diagnostica: “un’ansia generalizzata [probabilmente] reattiva al suo rifiuto di matrimonio, e che deriva dall’insicurezza dei sentimenti verso il suo compagno oltre che dalla sua “probabile” difficoltà ad identificarsi con un ruolo indipendente”.
Queste considerazioni oltre che non apportare alcuna nuova modifica al suo sentire, non fanno che accentuare l’ansia di Nadia, così come la tensione all’interno della coppia, dato che Ella, alla luce delle nuove acquisizioni, ora imputa al compagno (senza pur dirglielo) le ragioni del suo stesso malessere. Quando Nadia decide di contattarmi dietro suggerimento di una sua amica (una mia precedente paziente) la storia è sull’orlo di una crisi, e l’ansia così forte da crearle difficoltà a raggiungere lo studio.
Avviamo così il nostro percorso, partendo dalla sua storia di vita, da Chi è Nadia, e cominciamo proprio dagli inizi della sua “nuova” condizione di vita ansiosa, e soprattutto lontano da quelle precedenti supposizioni che non mettono in luce la storia di Nadia, non ce la mostrano, e che quindi non possono che risultare “probabilistiche”.
Ripercorrere la sua storia personale non significa scendere nei meandri della psiche o dell’infanzia, ma entrare nel cuore dei fatti e della sua condizione di vita attuale, cominciando a rispondere ad una prima domanda:
“qual è il senso dell’ansia di Nadia che emerge in determinati contesti e situazioni?”
Rispondere a questo primo quesito, significa rompere il meccanismo ripetitivo dei sintomi, che oltre a causarle sofferenza e limitazione, cela il senso della domanda più profonda che Nadia ci rivolge:
“perchè improvvisamente ho dei dubbi sullo sposare Paolo?”
Per una sintesi, certamente non esaustiva, riporterò i punti salienti che abbiamo ripercorso per restituire a Nadia “il senso” dei sintomi che alimentano il suo disagio e che al momento le sfugge; un senso che non può rifarsi all’interpretazione probabilistica del professionista, nè può essere imputato ad un sistema mentale mal funzionante, ma che essendo radicato nell’esistenza di Nadia non può che essere rintracciato nei fatti della sua vita.
Così, immersi nel racconto della sua storia, partiamo da un punto fondamentale:
seppur l’ansia emerge in un determinato momento della sua vita, Nadia non è nuova a certi stati emotivi. La differenza sostanziale rispetto al passato, è l’accentuazione dei suoi vissuti emotivi ansiosi, una diversità nel modo di avvertirsi tale da renderle la vita di tutti i giorni difficile.
Un primo punto importante, quindi, che emerge dal suo racconto, è che per quanto Nadia sperimenti un cambiamento rispetto al passato, si tratta di un’ amplificazione di un vissuto a lei già familiare. Questa informazione ci consente da un lato, di comprendere il personaggio che Nadia è quotidianamente nella sua vita, cioè una persona con un atteggiamento di base ansioso, e dall’altro, che mentre quel suo esser costantemente preoccupata, dapprima non costituiva un problema rilevante, oggi è tale da comprometterne la vita di tutti i giorni.
In definitiva, non si tratta di considerare l’ansia di Nadia come “un’ansia reattiva”, dato che quest’emozione le è già decisamente familiare, quanto di individuare quel “punto di svolta” che ne ha determinato un sentire talmente intenso e diverso, da essere diventato profondamente problematico.
E dato che Nadia ci dice che si avverte profondamente ansiosa nel rapporto con Paolo, è lì che inizialmente indirizzeremo, assieme a lei, il nostro interrogare, per individuare quel “punto di svolta” che le ha modificato il suo vivere personale e relazionale.
Ora, per quanto la sua ansia sembrerebbe essere direttamente legata al matrimonio con Paolo (e forse anche al sentimento nei suoi confronti), dal suo racconto emerge un dettaglio importante, ossia che il matrimonio con Paolo non è un fatto nuovo, nel senso che i due programmavano già da tempo che da lì a due anni si sarebbero sposati. Certo, potremmo pensare che il fissare una data possa significare per Nadia la concretizzazione di un impegno e quindi il proliferare dei dubbi verso Paolo, eppure Nadia ci dice di essere certa di amarlo, e che il loro progetto di una vita assieme è un obiettivo che solo la condizione economica ancora precaria non ha permesso di raggiungere.
Cosa ci sfugge?
Se il matrimonio con Paolo è un progetto a cui Nadia si rapporta continuamente, tanto da aver messo da parte ella stessa i risparmi nel tempo, com’è che adesso è diventato una preoccupazione tale da offuscare gli stessi sentimenti per il compagno?
Seguendo la classica ipotesi dell’opposizione Autonomia-Dipendenza, ( che nel nostro caso indicherebbe che l’ansia di Nadia sia collegata al muoversi da una posizione sentita come rassicurante [restare a casa, non sposarsi] verso una avvertita come potenzialmente minacciosa) potremmo pensare che Nadia non si senta ancora pronta a lasciare casa per diventare una donna più autonoma, che non si senta pronta ad entrare nel ruolo di moglie.
Tuttavia, è la stessa Nadia a raccontarci delle difficoltà legate al rapporto con la madre, e di come il matrimonio pur rappresentando un cambiamento importante è visto soprattutto come la possibilità di vivere un’esistenza più serena.
Per quanto le sue argomentazioni possano comunque celare dei timori legati all’importante cambiamento di vita, queste prime sedute apportano una maggiore chiarezza, non tanto sull’ansia in vista del matrimonio, ma piuttosto sui sentimenti nei confronti di Paolo. Ed è a partire da questo ritrovato chiarore che si illuminano, di un rinnovato significato, i pezzi del racconto offuscati dalla perdita di senso. Cioè la certezza dei sentimenti nei confronti di Paolo, consente di proseguire senza timori nella scoperta del senso del suo vissuto di ansia, e di rompere il meccanismo ripetitivo dei sintomi che sembrano presentarsi senza alcuna motivata ragione.
Ripercorrendo sempre più il discorso del rapporto con Paolo e del loro progetto futuro, scopriamo che l’ansia emerge prepotentemente durante una cena di Sabato sera, all’incirca quattro mesi prima, all’interno di un locale. Nadia avverte improvvisamente l’impellenza ad uscire fuori dal locale e quando anche Paolo la raggiunge, i due si dirigono verso l’auto. Durante il tragitto la sensazione è che l’asfalto possa cederle sotto i passi, è certa di cadere da lì a poco, si sostiene a Paolo, e infine si abbandona all’aderenza del sedile dell’auto. La notte sarà preda del suo cuore martellante, e da quel momento in avanti quel suo atteggiamento familiare di preoccupazione, sfumerà, senza alcuna apparente motivazione, in una condizione di perenne ansia:
da quel momento, l’ansia diventa una modalità pervasiva di muoversi nel mondo, tracciando, di volta in volta, quel perimetro limitante entro il quale sentirsi meno allarmata.
Cosa è accaduto?
Dall’iniziale racconto, sembrerebbe essere una cena come le altre, e per tanto, Ella imputa la serie di avvenimenti successivi ad un improvviso calo di pressione.
Non soddisfatti da questo punto di vista, ripercorriamo assieme a lei la serata da un’altra prospettiva, calandoci nei dialoghi e nei suoi contenuti, e così, cogliamo un fatto che Nadia riporta con un certo distacco, quasi a volerne disconoscere il possibile impatto avuto su di lei.
Quella sera Paolo è particolarmente raggiante, un suo caro amico gli comunica di aspettare un figlio dalla propria compagna.
Così in preda all’euforia, la consueta e piacevole conversazione intorno ai futuri preparativi del matrimonio, si sposta velocemente su i nomi dei bambini, alla gioia di una famiglia, al desiderio di essere padre quanto prima.
Ed è in quel momento che lei avverte un senso di stretta alla gola!
Come si posiziona Nadia rispetto a questo evento, come mai di colpo l’ansia la assale?
Anche se l’idea di una famiglia è sempre stata implicita nei loro discorsi, diversamente da altre volte, Nadia in quell’attimo, incontra per la prima volta negli occhi dell’amato, non solo la gioia luccicante (del compagno), ma anche la sua stessa paura:
Nadia, si scopre per la prima volta, terrorizzata dall’idea di non essere “una buona madre”.
E’ da quel momento in avanti che ogni discorso inerente l’avvenire assieme, come la stessa data da programmare, non rimanderanno più unicamente ad un orizzonte futuro come moglie di Paolo, (e forse come evasione dalla casa materna), ma soprattutto come “madre inadeguata”. Anticipandosi in veste di futuro genitore, di madre inadeguata, Nadia offusca il senso del suo sentire, un sentire che non è affatto conciliabile con la prospettiva del matrimonio, almeno non con Paolo che già si proietta in un avvenire con figli.
Tutto questo non è messo a tema, non può essere articolato, perchè ciò vorrebbe dire confrontarsi con Paolo sui suoi timori di non essere un buon genitore e sulla decisione di aspettare ad avere figli, una scelta che per Paolo è insindacabile. Per cui, Paolo, la pone involontariamente nella condizione di doversi confrontare con la sua presunta inadeguatezza nel ruolo di madre, e siccome tutto questo non può essere tematizzato, raccontato, l’ansia diventa la nuova posizione che Nadia assume nella quotidianità.
A conferma di ciò, quella stessa sera ricercherà dalla propria madre, in maniera quasi velata, rassicurazioni sulle sue capacità di futura madre, speranze come al solito disattese da commenti sarcastici.
Nelle sedute a seguire, Nadia mette sempre più a tema il suo atteggiamento anticipatorio (ansioso) sull’essere in futuro una “buona madre” , e quel senso di inadeguatezza che si acuisce in vista di una responsabilità sentita come troppo grande.
E così Nadia si scopre non tanto dubbiosa sui sentimenti verso il compagno, ma spaventata all’idea di essere genitore, soprattutto di non essere “una buona madre”:
“Paolo adora i bambini ed io pure, ma ho paura di non riuscire ad essere una buona madre come la mia non lo è stata per me e di far soffrire tutti”.
Il resto delle sedute, fatta ora luce sul senso dell’ansia e dei sintomi, tanto che essi rapidamente regrediscono, si sono concentrati:
-sulla sua presunta incapacità a poter essere una futura madre, (e il senso di inadeguatezza avvertito);
-il costante atteggiamento filmico (ansioso) che la porta ad anticiparsi scenari ancora in via di costruzione;
-e soprattutto, la sua concezione idealizzata e perfezionista dell’essere una “buona madre” . Una ideale di genitore che rimanda più ad una capacità da possedere a priori, nel proprio Dna, piuttosto che ad una modalità di relazionarsi e di prendersi cura da apprendere e rimodellare continuamente nel corso dell’intera vita.
Nelle ultime sedute Nadia mi racconta di aver esternato a Paolo quali fossero i suoi timori, e di come lui si fosse tranquillizzato nell’apprendere i suoi reali sentimenti, al punto da stabilire quella stessa sera la data del matrimonio. Inoltre, mi racconta di come l’essersi aperta a Paolo circa le proprie preoccupazioni, le abbia fatto scoprire quello che già da tempo sentiva, e cioè il desiderio, misto alla paura, di essere una madre.
Nadia ha così compreso quanto grandi fossero i suoi timori e il suo desiderio di avere una famiglia, ritrovando così il sorriso e il senso smarrito.
A circa tre anni dalla fine del nostro breve percorso assieme, un pomeriggio mi comunica con una voce non più tremolante, di essere in dolce attesa, e che mai avrebbe immaginato di viversi “un’attesa” con tanta gioia.
(I nomi sono stati modificati)
La storia di Carlo
Carlo è un uomo di 35 anni, sposato da tre anni (con Barbara) e con un figlio di due anni (Antonio). Lavora come commerciante con suo padre e da circa un anno sente di non essere più lo stesso.
Dorme poco la notte e durante il giorno è assillato da pensieri sulla sua famiglia e sul lavoro. Riferisce di essere preoccupato che gli possa accadere qualcosa e che Barbara sua moglie possa lasciarlo; inoltre, lamenta una tachicardia e una sudorazione in situazioni per lui abituali come quella di parlare con qualche cliente. Gli affari e il lavoro vanno bene e per questo davvero non riesce a capire come mai ne è così preoccupato. Si è rivolto più volte al proprio medico curante, il quale dopo avergli prescritto dei tranquillanti gli consiglia un colloquio con lo psicologo. Carlo è convinto che il suo malessere presto o tardi andrà via e ritiene comunque che esso non abbia alcun collegamento con la tachicardia e la sudorazione. Chiede continue rassicurazioni alla moglie e, quando può, si confida con gli amici più cari. All’inizio trova giovamento nel parlare con gli amici ed anche Barbara riesce a calmarlo ma dopo un po’ di tempo, i consigli degli amici gli sembrano superficiali e Barbara non riesce più a tranquillizzarlo. Decide allora di rivolgersi ad uno psicologo che assieme a Carlo verifica le questioni del suo disagio. Carlo ha così modo, in un ambiente calmo e rassicurante, di poter vedere come la sua preoccupazione nasca dall’esigenza di avere un proprio spazio lavorativo che lo faccia sentire maggiormente autonomo ma ha il timore che lasciando il padre da solo possa rovinarlo. Seppur preoccupato di come il padre possa reagire, Carlo decide di parlargli e così il padre, ascoltate le ragioni di Carlo, gli propone di occuparsi dell’attività di famiglia a patto di corrispondergli una quota mensile sui ricavati.
(I nomi sono stati modificati)