Offrire sostegno psicologico agli adolescenti significa, contemporaneamente, offrire sostegno anche alle proprie famiglie, in quanto non si può parlare di problematiche adolescenziali senza tener conto del fatto che pur essendo esperite dall’adolescente in prima persona, tali dinamiche generano risvolti anche sulla famiglia o i propri cari.
Insomma, nella rete delle dinamiche adolescenziali, la famiglia e i propri cari rimangono molto spesso coinvolti.
Sostegno psicologico agli adolescenti e alle famiglie
Adolescenti sicuri, famiglie serene!
L’adolescenza è da tanti considerata semplicemente l’età dell’immaturità, della “follia”, degli ormoni impazziti e del bisogno di una totale indipendenza.
Falso!!
In realtà, molti adolescenti possono sentirsi innanzitutto intimoriti. Potrebbero avvertirsi fragili, insicuri, in lotta con se stessi e con il mondo circostante. Spesso, sono le difficoltà quotidiane con i coetanei gli insegnanti, i genitori a rendere questo periodo complesso. Possono preoccuparsi per la propria immagine, sentirsi non all’altezza delle situazioni e delle aspettative esterne che in questo periodo storico sono più pressanti. Sono persi in un mondo che offre loro tanti stimoli e possibilità, ma in cui non trovano riferimenti stabili e, agiscono, attraverso varie modalità comportamentali, quelle emozioni difficilmente comunicabili.
Come aiutarli? Quando risulta utile la cooperazione dell’esperto nel sostegno psicologico agli adolescenti e alle famiglie?
I comportamenti degli adolescenti possono assumere diversi gradi e forme di malessere e di disagio, dato che questo periodo evolutivo apre a nuovi modalità di auto-percepirsi e di relazionarsi agli altri. E dato che questi intensi vissuti emotivi non sempre sono riconoscibili e comunicabili dalla persona interessata, spesso sono “agiti”, ossia messi in atto attraverso modalità comportamentali; modalità che da un estremo all’altro, possono configurarsi in attività trasgressivo-pericolose, o in atteggiamenti volti alla chiusura e alla rigidità.
In secondo luogo, nel suo modo di essere a volte “estremo”, e spesso impermeabile alle raccomandazioni, l’adolescente chiama in causa anche la preoccupazione dei propri cari, i quali pur riconoscendogli una maggiore tollerabilità rispetto ai cambiamenti e ai vissuti tipici di quest’età, non possono che allarmarsi quando queste modalità comportamentali sfuggono a qualsiasi schema di comprensione.
In definitiva,
non si dovrebbe parlare di problematiche adolescenziali senza tener conto del fatto che pur essendo esperite dall’adolescente in prima persona, tali dinamiche generano risvolti anche sulla famiglia o i propri cari. Tuttavia, sarebbe riduttivo e pericoloso etichettare l’adolescente soltanto come il portatore di problemi, e non invece, come il “simbolo della problematicità” dei contesti a cui egli stesso appartiene, che egli stesso vive in prima persona (scuola, amici, relazioni, famiglia, etc.); contesti a cui da un lato gli si chiede di adeguarsi e da cui contemporaneamente egli cerca di svincolarsi per individualizzarsi e dar forma alla sua stessa identità: una delle partite più importanti della sua vita.