Questa massima riporta molto da vicino l’esperienza della psicoterapia, sia per lo psicoterapeuta che per i pazienti.
Essere guaritori, o meglio, psicoterapeuti che sollecitano il processo di Cura, implica l’esser stato dall’altra parte, dalla parte della sofferenza ed esserne “guarito”. Una guarigione che nel lasciare le sue tracce di sofferenza permette di sentirsi in sintonia o “simpatia” (dal greco, soffrire assieme) con l’Altro . E’ anche grazie all’aver fatto esperienza della sofferenza in prima persona, e nel conservarne traccia, che si è grado di entrare in relazione e attuare il processo di sollecitudine alla guarigione.
D’altro canto, chi si trova a vivere un certo disagio, può contare su di una persona competente anche in “sofferenza”, e non su chi dall’alto della cattedra impartisce lezioni teoriche.
La competenza di chi senza dover per forza vivere lo stesso disagio e le stesse dinamiche, ne riconosce tuttavia i tratti, tanto da legittimarne la sua esistenza.
E’ da qui, che può accompagnarlo nel percorso di svolta della sua storia, permettendo alla vita di depositare le sue tracce.
Il lavoro di psicoterapia, non soltanto si oppone ad un dolore sanguinante, ma si muove per trasformare quell’ accadimento che ancora persiste, in una traccia che seppur impressa nella vita, non ne condiziona il suo fluire.