Litigare o sopportare? Quale atteggiamento riduce lo stress?
Grande Fratello – Gli psicologi americani, che hanno presentato la ricerca al meeting annuale dell’American Psychosomatic Society, hanno messo sotto osservazione 65 studenti universitari. Una sorta di “Grande Fratello” sperimentale durante il quale ha studiato i comportamenti quotidiani dei ragazzi alle prese con situazioni di tensione e conflitto. Complici coinquilini, conviventi e vicini di casa, tutti ingaggiati come assistenti di ricerca, i ricercatori hanno potuto monitorare la “giornata tipo” di ognuna delle “cavie”: dalla pulizia delle camere alla gestione dei fornelli, dalle discussioni politiche alle relazioni sentimentali.
“Abbassa la tua radio, per favore” – Se il problema era, ad esempio, il volume alto della musica che il vicino o il convivente stava ascoltando in quel momento, ai partecipanti veniva consigliato inizialmente di chiedere di abbassarlo. Dall’altra parte, però, ai vicini di casa era stato fornito un “copione” con risposte “non collaborative”, in modo che il problema non potesse essere risolto. “Abbiamo classificato gli atteggiamenti relazionali dei partecipanti in sette tipi di strategie, inclusa quella aperta alla risoluzione dei problemi e quella aggressiva o minacciosa – spiega Danielle Roubinov, che ha guidato la ricerca -.Quelli che hanno adoperato una piccola rosa di strategie relazional isono stati classificati come meno ‘flessibili’ rispetto a coloro che invece ne hanno adottato una maggiore varietà”.
Il test del cortisolo – A seconda del numero di tattiche tolleranti messe in campo prima di giungere a quelle aggressive o minacciose, i ricercatori hanno osservato l’intensità delle espressioni facciali di rabbia o frustrazione dei partecipanti, oltre che la loro risposta biologica alle situazioni di tensione: è bastato misurare il cortisolo, l’ormone che viene secreto dal nostro organismo nei momenti di stress.
I risultati – Lo sforzo per mantenere calma e sangue freddo in situazioni-limite non è indolore. Chi reprimeva scatti d`ira e dissenso aveva “dipinte” sul volto espressioni di rabbia e frustrazione, i livelli di cortisolo tra i più tolleranti risultavano più alti che tra gli intransigenti, provocando quindi maggiori stati di ansia e di stress. “Dai risultati – continua Roubinov – è emerso quindi che adottare un comportamento tollerante e flessibile non sempre risulti l’approccio più giusto in una controversia. Anche se la flessibilità e le buone maniere a volte possono risultare utili, andare alla ricerca di diversi tipi di atteggiamenti di cortesia per affrontare la medesima situazione di conflitto non fa altro che provocare più rabbia e frustrazione, oltre che una produzione maggiore di cortisolo, che di certo non giova alla nostra salute”.
Conclusioni:
Avere il medesimo comportamento o atteggiamento rigido e inflessibile, è certamente nocivo per l’individuo, e questo qualunque esso sia. Essere sempre sorridenti, calmi e accondiscendenti, o al contario essere costantemente incazzati, credo non faccia alcuna differenza. Così nel caso in questione, mantenere sempre e comunque una falsa calma per non discutere, o essere facili all’ira e poco ragionevoli, rappresentano a mio avviso le due facce della stessa medaglia e perseguono un comune obbiettivo: mantenere la distanza rispetto all’altro.
Non si può discutere sempre col sorriso sulle labbra, specie se non è nelle proprie corde ma non si può nemmeno aggredire l’altro ogni volta che si ha un confronto o una controversia.
Esprimere però la propria rabbia è senz’altro comunicativo, perchè a differenza dell’essere aggressivi, la rabbia è un’emozione che mantiene aperta la relazione e ha come fine quello di comunicare il proprio dissenso o semplicemente il proprio punto di vista senza per questo disconoscere chi si ha di fronte.
Arrabbiarsi è naturale quanto il sorridere o il piangere. Trattenere queste emozioni significa invece bloccare il loro libero scorrere con ripercussioni interne.
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