Archivio per categoria: Vedi elenco completo

Il bello di una sana psicoterapia.

5cf634a5250000310adbe8bf Il bello di una sana psicoterapia.

Della psicoterapia generalmente si tende a mettere in risalto solo l’utilità, il valore, a volte la necessità, tralasciando così un suo aspetto ancor più primario: ossia, la bellezza di una sana psicoterapia . Certo chi ne fa richiesta è spinto generalmente da un bisogno di chiarimento rispetto ad una tematica di sofferenza, un dubbio o un malessere, ma ciò non vuol dire che il tragitto debba essere necessariamente lungo e faticoso.
Google stima che le tematiche riguardanti aspetti psicologici sono tra le più ricercate sul web (sintomi d’ansia, relazioni tossiche, dipendenza affettiva, dolori psicosomatici come cefalee e vomito, cuore martellante, bassa autostima e così via).
Per questo, continuano a proliferare sedicenti esperti del mentale, pronti a intercettare le richieste del mercato con la promessa di risollevarci dai nostri affanni esistenziali.
Non c’è che dire, oggi il mentale è diventato un business, e nel calderone ci si trova di tutto.
Questo accade, perchè oggi come ieri, i dubbi e la ricerca di senso non smettono di angosciarci e attanagliare le nostre esistenze.
Se anche tu quindi, hai pensato di rivolgerti allo psicologo ma ancora tentenni, non preoccuparti. Ognuno ha bisogno dei suoi tempi per offrirsi questa opportunità.
Una cosa però va detta chiaramente: una psicoterapia è anzitutto una sana esperienza. Esatto, è innanzitutto questo.
C’è qualcosa di unico in un incontro ritagliato ogni volta sul proprio modo di essere.
Quella sua dimensione di accoglienza, di insolita sintonia e di ascolto incondizionato, di ricerca fianco a fianco delle ragioni del proprio malessere o delle domande da tempo senza risposte.
Questo ed altro ne fanno un incontro che travalica l’aspetto medico.
E’ incontrarsi nel momento del bisogno con Chi non solo ti porge la mano, ma si pone di fronte a te con riguardo e autentico interesse, e assieme a Te con unico intento: riscoprire la chiarezza e serenità di un tempo.

 

Il trauma e la sofferenza psicologica

Quando si può parlare effettivamente di trauma? Inoltre, è sempre tutto riconducibile ad un trauma, oppure la sofferenza psicologica può dipendere da altri fattori?
Certamente non tutto dipende da una qualche forma di trauma irrisolto!
Cioè, l’ansia, o altre forme di disagio, non sono sempre da ricondurre ad un fatto traumatico accaduto in passato.
Sebbene molto spesso, sia i pazienti che certi terapeuti, sono soliti ricondurre la sofferenza o il disagio attuali ad un tipo di trauma collocabile in un periodo del passato e dell’età infantile, questo non è sempre vero. Molto spesso purtroppo, ostinandosi nella ricerca del trauma perduto, si perde di vista quello che si ha sottomano, ossia l’esperienza attuale. Questo fatto non solo comporta il perdersi in lunghe terapie spesso improduttive, ma anche il restare intrappolati in una narrazione che ha poco o nulla a che vedere con il malessere del momento.

trauma-psicologico Il trauma e la sofferenza psicologicaInnanzitutto, cosa intendiamo per trauma psicologico?

Nella storia della psicopatologia sono state date numerose definizioni di trauma psicologico.
In generale si tende a definire trauma psicologico, la conseguenza di un evento fortemente negativo e minaccioso per la vita, che genera una “frattura” emotiva nell’individuo che lo vive, tale da minare il senso di stabilità, di sicurezza, di identità e di continuità fisica e psichica della persona o delle persone che si sono trovate ad affrontarlo. Il trauma, quindi, come una sorta di evento incubato nella psiche, condiziona il divenire della storia della persona nei suoi accadimenti futuri

In psicotraumatologia:

Nel Disturbo da stress Post Traumatico, la condizione di trauma psicologico – inteso come causa dei sintomi post traumatici – viene definita come: un evento che espone la persona a morte o ad una minaccia di morte, grave lesione oppure violenza sessuale in uno o più dei seguenti modi:

1) fare esperienza diretta dell’evento

2) assistere a un evento traumatico accaduto ad altri

3) venire a conoscenza di un evento traumatico accaduto a un membro della famiglia oppure a un amico stretto. In caso di morte o minaccia di morte, l’evento deve essere stato di natura accidentale o violenta;

4) fare esperienza di una ripetuta o estrema esposizione a dettagli crudi dell’eventi traumatico (es: primi soccorritori che raccolgono resti umani, agenti di polizia ripetutamente esposti a dettagli sugli abusi dei minori,…)

Rientrano in questa categoria: abuso sessuale, aggressione, lutto, incidente, malattia, calamità naturali.

Non tutte le esperienze negative sono traumatiche.

Da quanto si evince quindi, non tutte le esperienze potenzialmente traumatiche conducono ad un trauma effettivo.
C’è di più, molti eventi catalogabili come potenzialmente traumatici, come ad esempio l’esser sopravvissuti ad un incidente estremamente pericoloso, possono essere elaborati nel giro di poco tempo, senza lasciare le tracce di alcun trauma.
Ad esempio, un mio paziente che era sopravvissuto ad incidente in cui era rimasto bloccato per circa dieci minuti all’interno dell’auto ribaltata, non aveva riportato eclatanti sintomi di natura post-traumatica. Al contrario, la sorella che era accorsa sul luogo dell’incidente e aveva visto l’auto ancora ribaltata ma con il fratello ormai incolume accanto a lei, aveva riportato sintomi post-traumatici come flash back intrusivi di quell’immagine. Inoltre, aveva sviluppato una particolare ansia legata allo stare in auto (essere seduta sul lato passeggero).

L’idea di trauma nella nostra cultura.

Nel caso del paziente qui sopra esposto (che chiameremo fittiziamente Mario), l’idea che ad un simile evento dovesse necessariamente seguire una qualche forma di trauma, ha fatto si che quando egli si è rivolto ad un terapeuta per sintomi d’ansia, entrambi concordassero fin da subito che l’ansia era una conseguenza del trauma indotto dall’incidente. Da ciò è conseguita una lunga terapia incentrata sulle conseguenze dell’incidente che però non ha attenuato minimamente l’ansia e il malessere esperito.

Come mai dopo una lunga terapia l’ansia non accennava a migliorare?

Ciò dipendeva dal fatto che in realtà i sintomi e il disagio che Mario presentava erano una conseguenza non tanto dell’incidente quanto del periodo di crisi con la sua compagna. Negli ultimi tempi, aveva maturato un sentimento nei confronti di una collega con cui aveva instaurato una relazione clandestina da circa quattro mesi.
L’ansia che Mario manifestava, non essendo ricondotta per nulla alla relazione con la collega (in quanto lui stesso non ne aveva accennato considerandola qualcosa di meno grave), aveva spostato la sua attenzione e quella del terapeuta sulla causa che sembrava più plausibile, ossia il trauma dell’incidente. E il tutto, nonostante Mario asserisse con una certa convinzione che l’incidente pur nella sua violenza, era apparso più pericoloso per gli astanti e i familiari, che non per lui.
Sarebbe bastato verificare quando l’ansia aveva fatto la sua comparsa, per accorgersi che, in realtà, essa era diventata già molto intensa almeno un mese prima dell’incidente.
Fare ordine nella narrazione degli eventi, oltre che necessaria per comprendere le ragioni e le motivazioni che alimentano l’ansia o altro disagio, consente contemporaneamente di ridurre i tempi della terapia. In una terapia Breve si è liberi da preconcetti, in quanto l’esperienza insegna che non sono necessariamente i fatti oggettivamente più eclatanti a produrre una sofferenza psicologica, ma piuttosto gli eventi soggettivamente rilevanti.
Nel caso di Mario ad esempio, un mese circa prima dell’incidente, l’amante cominciava a insistere per una relazione stabile, avendogli confessato di nutrire un forte sentimento. Così, quella che inizialmente doveva essere una relazione clandestina tra colleghi, col passare dei mesi si stava trasformando in qualcos’altro. Questo nuovo sentimento nascente da parte di entrambi, metteva profondamente in repentaglio il rapporto di Mario con la sua compagna. Ed proprio durante quel periodo, che un giorno in preda a dubbi, domande e timori, si ribalta con l’auto sul ciglio della strada.

Perchè si ha la tendenza a riportare la sofferenza psicologica alla necessaria presenza di un trauma?

Siamo stati abituati attraverso film, romanzi e una certa psicologia del 900, che alla base dei comportamenti attuali c’è sempre e solo un modo di essere costituitosi nell’infanzia. C’è sempre la presenza di un forte trauma in grado di spiegare la personalità, il carattere e un’eventuale sofferenza della persona. Il trauma si configura più o meno come quell’esperienza in grado di giustificare qualsiasi sofferenza psicologica, passata e presente.
Quindi, anche se è indubbio che un evento di una certa portata può costituire un potenziale trauma, ciò non è sempre vero. Come nel caso di Mario, il quale pensava che la sua ansia dovesse per forza essere legata all’incidente, non riuscendo a trovare altre valide motivazioni.
Questo modo di interpretare la sofferenza attuale riportandola forzatamente ad un trauma, ossia ad un evento o più eventi incontenibili dalla psiche, rischia molto spesso di dar luogo a terapie senza risultati. O peggio ancora di fornire una spiegazione teorica che incastra la persona in una sorta di destino. Una spiegazione che anziché aprire alla vita, la rinchiude. Ad esempio, posso raccontarmi che la mia ansia dipende dal trauma del divorzio dei miei genitori, o che il mio matrimonio sta naufragando per lo stesso motivo.

La differenza tra un trauma ed esperienze rilevanti.

Come abbiamo visto, per quanto dolorose, non tutte le esperienze sono traumatiche. Tuttavia, per quanto non traumatiche, alcune esperienza lungo il corso della vita possono generare una condizione sintomatologica. Sono esperienze dotate di una “pregnante significatività”: esperienze a partire da cui la nostra esistenza può assumere un nuovo punto di svolta e rimescolare le carte del fato.
Ad esempio, nel caso di Mario, l’intensificazione dell’ansia era direttamente legata agli sviluppi futuri che quel nascente sentimento veniva a creare. In pratica, il sentimento verso la collega e il fatto che anch’ella si fosse scoperta, poneva la possibilità di una nuova relazione e la fine della precedente. Un passaggio questo che seppur desiderato era contemporaneamente fonte di ansia.

La differenza tra una visione esclusiva del trauma e una che tenga conto anche delle esperienze di vita in corso risiede proprio in questo.
Qui non si tratta di disconoscere il valore che certe esperienze traumatiche possono avere sulla vita di una persona, ma tenere presente che la nostra vita non è solamente un nastro da riavvolgere. Fermarsi ad una visione di questo tipo, significherebbe andare ogni volta alla ricerca di quel trauma tale da giustificare il malessere attuale, perdendo di vista così quei micromovimenti che seppur non propriamente traumatici sono soggettivamente rilevanti e tali da dare avvio ad un nuovo modo di sentirsi. Come nel caso di Mario, in cui l’ansia seppur rapportabile ad un modo di essere costituitosi lungo l’arco dell’esistenza, è soltanto nell’incontro con la nuova esperienza ( la relazione con la collega) che si manifesta in tutta la sua significatività.
Così, seppur possiamo dire che Mario è da sempre una persona ansiosa, per dare un senso “all’ansia e alla sua sofferenza attuale” non è utile volgersi da subito verso il passato, ma verificare piuttosto le condizioni che al momento gli hanno sconvolto l’esistenza.
Ciò ci permette di guardare alla vita non soltanto soffermandoci sulla dimensione passata traumatica, ma sull’intero arco dell’esistenza: nell’incontro tra passato, presente, e futuro.
Infatti, per quanto non ne siamo consapevoli, ogni  nostro momento, ogni nostro adesso, è l’insieme di passato, presente, e futuro in un colpo solo. Nel caso di Mario, ad esempio, potremmo rilevare un timore legato alla fine della relazione più stabile (passato), il piacere derivante dalla relazione con la collega (presente), e il desiderio che questo piacere non si interrompa (futuro). Allo stesso tempo, il desiderio che non si interrompa (futuro) si riversa sulla sua relazione (passato). Nessun trauma quindi, ma una scelta, probabilmente così sofferta da spostare l’attenzione sull’incidente piuttosto che sui reali motivi della sua ansia.
In definitiva, non è la differenza terminologica qui ad essere essenziale. Che la si chiami trauma piuttosto che Ombra, ciò che importa comprendere è che una visione traumatologica tende a riportare il malessere attuale ogni volta ad esperienze del passato più o meno intense. Mentre, le motivazioni alla base di un determinato malessere possono essere legate anche ad eventi in corso o in sviluppo.
Questo consente di abbreviare i tempi di una terapia, senza perdersi in lungaggini che non arrivano a nulla.
Per concludere, possiamo dire che la sofferenza psicologica, non va ricercata soltanto tra le fila di un trauma irrisolto, ma nell’Esistenza, che continuamente ci mette nella necessità di far quadrare i conti della nostra storia di vita. Una vita fatta di scelte, esperienze ed eventi che non sempre si incastrano nel delicato mosaico del nostro racconto, e da cui si dipanano i diversi scenari esistenziali, tra cui anche quelli di sofferenza e malessere.

Diego Chiariello

Le sensazioni allarmanti del corpo e i vissuti emotivi.

Durante questo periodo dell’anno, molte persone avvertono sensazioni allarmanti provenienti dal corpo. Possono insorgere durante le giornate di caldo intenso ed essere particolarmente invalidanti. Comprendono un aumento irregolare del battito cardiaco, un senso di vertigini, la sensazione di un cuore martellante, crampi allo stomaco, difficoltà a deglutire, di concentrazione, di sonno.
E causano ansia e malessere.
Di questo fenomeno, ne parlo in maniera più approfondita in questo post sull’estate i sintomi di ansia. 
Oggi vorrei affrontare lo stesso disagio delle sensazioni allarmanti provenienti dal corpo, ma da un’altra angolazione. In questo caso, le sensazioni allarmanti sono causate da uno stato emotivo non riconosciuto, seppur ugualmente vissuto.
Come vedremo infatti un vissuto emotivo può essere vissuto e contemporaneamente non riconosciuto.
Le sensazioni allarmanti del corpo, in questo caso, sono generate dall’impossibilità o difficoltà a fare proprio un certo vissuto emotivo.
Il risultato di tutto questo, sono la nascita di sensazioni allarmanti senza alcuna causa apparente.

A cosa è dovuto questo fenomeno? Come si spiegano le sensazioni allarmanti?

sensazioni-allarmanti-300x114 Le sensazioni allarmanti del corpo e i vissuti emotivi.

 

Continua a leggere

Dentro l’Ombra dell’Ex. Quando il passato offusca la relazione in corso.

L’ombra dell’Ex nel suo trascinarsi da una relazione all’altra, offusca e impoverisce quella in corso, causandone spesso la fine. Allo stesso modo, essa si pone come ostacolo nell’attuazione di nuove prospettive relazionali.
Ma andiamo con ordine!

silhouette-woman-and-man-300x199 Dentro l'Ombra dell'Ex. Quando il passato offusca la relazione in corso.

 

Continua a leggere

“L’essenziale, adesso, è visibile agli occhi”

Ciascuno di noi  si sta confrontando con questo evento collettivo a modo proprio, con il suo stile emotivo, secondo il proprio modo di essere.
E non può che essere così!
Sono tante le emozioni che lo attraversano, e diverse le direzioni che vanno di volta in volta assumendo: personali, familiari, relazionali.. umane.

Lo sfondo comune da cui esse si sollevano è l’ignoto e l’impossibilità ad afferrarlo, controllarlo.
E’ il non-sapere che genera inquietudine, una tensione irrefrenabile, un vissuto di spaesamento che attanaglia.
Non-sapere cosa succede e quando avrà termine.
Notizie che si susseguono restringono l’attenzione e sintonizzano l’animo su un unico canale lungo un tunnel.
Difficile non essere inquieti, più realizzabile invece provare ad essere realisticamente preoccupati.

Continua a leggere

Quali sono le differenze tra lo psicoterapeuta e i motivatori?

Quali sono le differenze tra lo psicologo-psicoterapeuta e i cosiddetti “motivatori”? Di cosa si occupa esattamente la psicoterapia e quando è davvero utile avvalersene?  Queste sono le domande che mi sono state recentemente poste. Solitamente la più gettonata è: “mi spiega il significato di questo sogno?” ^-^          

Estate che ansia! i sintomi più comuni della bella stagione

Nonostante sia considerata per antonomasia la “bella stagione”, per molte persone l’estate è anche sinonimo di ansia.  Per tante persone, infatti, questo periodo coincide anche con l’intensificarsi di diversi sintomi d’ansia che durante l’anno sembrano invece restare più “sotto-pelle”. 

Infatti, con l’inizio dell’estate, il gran numero di chiamate che ricevo come psicologo-psicoterapeuta, sono inerenti a tematiche di tipo ansioso.

5-consigli-SPA-per-ritrovare-benessere-prima-estate-300x100 Estate che ansia! i sintomi più comuni della bella stagione

Ma perché d’estate si avverte più ansia?

Per rispondere a questa domanda, dobbiamo anzitutto comprendere come funzionano, o meglio come “avvertiamo” le nostre emozioni.
Le emozioni non sono solamente stati mentali che avvengono nel nostro cervello ma corrispondono più che altro, ad un modo di sentire che ci coinvolge interamente, con tutto il nostro corpo.

Cosa significa? 

Per intenderci, quando ci sentiamo allegri per un dato evento o una certa circostanza, ci sentiamo anche attivi ed energici, ci sentiamo più aperti verso l’ambiente e gli altri (e questo succede anche se decidiamo di restare a casa a guardare un film).
L’ansia invece produce un senso di allarme e di attesa, e questo generalmente provoca una maggiore “anticipazione” rispetto agli eventi quotidiani.

Cosa si intende con “Anticipazione”?

Significa avvertire in anticipo e con angoscia quello che ci attende o ci apprestiamo a fare, con pensieri quali: “Se poi mi viene l’ansia come faccio?.  ” Se dovessi sentire l’esigenza di andare al bagno e non potessi farlo?”  “E se comincio ad agitarmi e se ne accorgono?” Se mi viene l’ ansia e vorrei scappare che figura farei?”. “Come faccio con le vacanze?” e così via..).
In pratica, si è immersi e a volte invischiati, in una sorta di film mentale in cui si anticipano gli eventi da affrontare. Tutto questo, generalmente, avviene anche in una modalità inconsapevole alla persona stessa. Cioè, non sempre questi pensieri sono espliciti, per cui, molte volte l’ansia resta immotivata ed enigmatica.

Le emozioni corrispondono alla maniera in cui ci avvertiamo nel mondo, con noi stessi e gli altri!

A seconda dello stato emotivo predominante in certo periodo, e non quindi solamente in un dato momento, corrisponde anche un modo di sentirsi nei confronti del mondo, di se stessi e degli altri.

Cosa significa preponderante?

Ad esempio, in un periodo di forte tristezza per la fine del rapporto col partner, è chiaro che durante la giornata potrebbero esserci anche momenti di buonumore e distrazione. Tuttavia, lo stato emotivo preponderante  che si prolunga e si trascina nel tempo resta quello della tristezza. Lo stesso discorso vale per l’ansia. Chi soffre di ansia non vive solamente di questo vissuto emotivo. Eppure, esso si manifesta con una maggiore frequenza e intensità, tanto da procurare sofferenza e disagio.
Come dicevamo quindi, a seconda dello stato emotivo preponderante che ci appartiene in un dato momento, corrisponde un modo di sentirsi nella quotidianità, nel rapporto con gli Altri e sè stessi.
Ad esempio:

  • Alla Gioia corrisponde⇒maggiore spinta verso il mondo e gli altri.
  • Alla Tristezza corrisponde⇐minore spinta verso il mondo e gli altri (ma anche una certa apertura verso se stessi).
  • Mentre nell’Ansia↔maggiore spinta all’anticipazione degli eventi e (contemporaneamente) minore senso della propria capacità di autonomia.

Questo avviene perchè la mente e il corpo sono un tutt’uno e tra i due non c’è separazione ma comunione, intreccio.
Si parla infatti di corporeità, per intendere il nostro modo di essere e di sentire le emozioni. Le nostre emozioni, infatti, sono per così dire “incarnate”.

Adesso possiamo meglio comprendere come mai d’estate aumentano i sintomi d’ansia, e per farlo ci serviremo di un esempio di vita quotidiana.

I sintomi d’ansia estivi

Avete presente quella sensazione di vuoto d’aria che si crea nello stomaco nel momento in cui la macchina sulla quale viaggiate attraversa un cavalcavia ad una certa velocità? (la sensazione è simile a quella che si avverte sulle giostre, per intenderci).
Ora, ad alcune persone, questa sensazione procura piacevolezza (come per quei bambini che si divertono nell’essere lanciati in aria).
Molte altre, invece, potrebbero sentirsi infastidite nel momento del passaggio dell’auto sul dosso, avvertendo un leggero giramento di testa, una vertigine o anche una sensazione di allarme generalizzato.
Lo stesso potrebbe avvenire quando si otturano le orecchie su un treno in movimento o come vedremo tra poco, proprio durante certe giornate di caldo.

Come mai accade questo?

Abbiamo detto poc’anzi che mente e corpo sono un tutt’uno.
Tutti noi sappiamo infatti che
le emozioni possono influenzare il nostro corpo ( ad esempio uno stress prolungato può provocare un mal di stomaco, gastrite etc.). Ma quello che molti non sanno è che, nella direzione opposta, i segnali provenienti dal nostro corpo possono influenzarci emotivamente (ad esempio l’aumento del battito cardiaco può aumentare l’ansia)
Cioè, alcuni segnali provenienti dal nostro corpo potrebbero in determinate circostanze far avvertire un intenso vissuto di ansia e, c
ol primo caldo dell’estate, sono diversi i segnali provenienti dal corpo che possono influenzarci emotivamente e generare un’ansia più acuta.

Quali sono i segnali principali che generano ansia?

I segnali principali provenienti dal corpo che causano ansia durante questo periodo sono:

  • il caldo e la sudorazione
  • l’afa e i cambiamenti del battito cardiaco;
  • la luce e la maggiore attivazione fisiologica  (specialmente quella solare)
  • altri segnali non specificati.

A questo punto, potremmo giustamente chiederci:

Come mai questo non avviene ogni volta?
Cioè, perchè un giorno si avverte una forte ansia durante una bella giornata di caldo mentre in altri giorni e situazioni simili non si avverte lo stesso disagio?
Se è il caldo ad essere responsabile della nostra ansia, perchè quando siamo al mare potremmo sentirci rilassati e per nulla ansiosi?

Per due motivi fondamentali:

Il primo motivo sta nel fatto che questo è soltanto uno dei meccanismi responsabili di una certa quota di ansia vissuta durante l’estate, ma esso da solo non può certamente spiegare i vissuti d’ansia legati a questo periodo.
Infatti, ci sono ragioni e motivazioni che comunque necessitano, per ciascuno, di un ascolto individuale e non certamente di una lettura oggettiva quasi fosse il tagliando dell’auto. 

In secondo luogo, proprio perchè non siamo delle macchine, ciascuno di noi non risponde agli eventi e alle situazioni in maniera sempre identica. Infatti non ci arrabbiamo, soffriamo, gioiamo e amiamo sempre allo stesso modo ma tutto dipende dai contesti, dalle persone e dai momenti di vita nei quali siamo immersi. Per cui, in un determinato periodo della nostra vita, il caldo e i segnali provenienti dal corpo darebbero soltanto quella spinta in più, intensificando un’ansia già presente da tempo ma più o meno gestibile.

In sostanza?

Quando diciamo che i primi segnali di caldo dell’estate sono generalmente portatori di una maggiore ansia, dobbiamo tenere presente che non è certamente il solo caldo in sè l’artefice degli stati ansiosi di cui si fa esperienza.
Questi, come abbiamo detto, sono generalmente responsabili di un acuirsi di una condizione che è sotto-pelle, sotto-traccia durante il resto dell’anno.
Infatti, proprio perchè si parla di un acuirsi, ciò significa che è molto difficile che l’ansia venga sperimentata unicamente durante questo periodo, mentre, è molto più probabile che essa sia presente anche durante il resto dell’anno. Ciononostante, in estate può essere vissuta con maggiore intensità e disagio.

Come si spiega?

Il perchè ciò accade, dipende non solo dai fattori summenzionati (caldo, afa, etc..) ma anche da una certa inclinazione soggettiva ad avvertire i segnali provenienti dal corpo con un senso di maggiore allarme ( molte volte in maniera del tutto inconsapevole). E dato che durante questo periodo dell’anno i segnali provenienti dal corpo sono più intensi, ecco che questo periodo diventa per molte persone particolarmente delicato e disagevole.

Conclusioni

Abbiamo brevemente illustrato uno dei meccanismi responsabili della maggiore sensazione di ansia avvertita con l’inizio e durante il periodo estivo. Abbiamo detto che le sensazioni provenienti dal corpo, maggiormente stimolato durante questa stagione dell’anno, potrebbero concorrere ad un senso di ansia più forte.
Non si tratta di un singolo meccanismo in azione ma solitamente della combinazione di più canali.
Tuttavia, va subito precisato, che chi è solitamente incline a certi vissuti d’ansia e di sofferenza non dovrebbe per questo considerarli come un fatto scontato e inevitabile della propria esistenza.
Ciò che ci contraddistingue come esseri umani non è la staticità e l’inflessibilità, ma al contrario la nostra predisposizione al cambiamento.
Noi esseri umani non siamo nè tavoli, nè case, nè macchine, non siamo oggetti, ma individui in carne ed ossa, e in quanto tali aperti al divenire, al cambiamento della nostra storia di vita.
Per questo è fondamentale rompere il meccanismo del sintomo ansioso e comprenderne i significati, perchè ciò vorrebbe dire non solo gestire la sofferenza e il disagio, ma aprirsi a se stessi,  al mondo e agli altri nella propria irripetibile unicità.

Se vuoi scoprire ancora di più sull’argomento, ho preparato questo post molto articolato in cui approfondisco in maniera viscerale l’argomento

Lascia pure un commento così che altri possano rivedersi nella tua esperienza.

Per maggiori informazioni sul mio metodo e su come gestire l’ansia, puoi contattarmi direttamente al 320.93.04.455

Dott. Diego Chiariello
Psicologo-psicoterapeuta

 

10 Indicatori di Abuso Sessuale sui Minori

10 indicatori di abuso sessuale sui minori: ecco una checklist molto affidabile di 10 indicatori di abuso sessuale, una sintesi di tutti gli articoli altamente scientifici che circolano in rete in queste settimane, a seguito del clamore mediatico suscitato dagli sviluppi dell’omicidio della piccola Fortuna in Caivano, alle porte di Napoli. Dunque, se riscontrate questi […]

6 modi per attenuare il perfezionismo dei propri figli

Attenuare il perfezionismo dei propri figli non è una semplice azione educativa ma una modalità emotiva di rapportasi alla vita, e come tale va inculcata da subito e soprattutto laddove si scorge un atteggiamento o una disposizione al perfezionismo.

All’età di 4 anni, Marco strappava il foglio dove aveva fatto un disegno perché secondo lui non era perfetto. Cominciava nuovamente da capo, ma spesso montava in lui una forte rabbia, di nuovo strappava o cancellava il disegno e ancora ricominciava fino a che, rassegnato, smetteva di disegnare.

I genitori si sono sempre accorti di questa sua rigidità nel fare le cose solo come le aveva in mente lui, ma speravano che questo comportamento diminuisse con l’età.

A 8 anni, invece, il comportamento è ancora presente, per esempio durante i compiti: quando Marco esegue i calcoli o risponde alle domande di comprensione di un testo, se non sono perfetti e in ordine come ha in mente strappa la pagina e ricomincia da capo.

I genitori sono frustrati e scoraggiati, e non sanno come gestire questa situazione…

Il-perfezionismo-dei-ragazzi1 6 modi per attenuare il perfezionismo dei propri figli

Anche vostro figlio è inflessibile?

Si pone standard molto elevati, difficili da raggiungere, e che nella maggior parte delle volte non sono altro che fonte di frustrazione?

Continua a procrastinare tutto quello che deve fare finchè non è sicuro che sarà perfetto?

Passa da un estremo all’altro, per esempio è eccessivamente studioso in alcuni giorni mentre in altri non è minimamente interessato alla scuola e ai compiti?

Si punisce da solo quando le cose non vanno come vuole lui e si sente un fallimento?

Quando i bambini hanno tratti di perfezionismo, molti genitori si spaventano e sono alla disperata ricerca di una soluzione.

Creare opportunità giornaliere per insegnare ai figli che non devono essere perfetti, perché “la vita stessa non è perfetta”, è qualcosa di fondamentale, e l’esempio di noi adulti è prezioso.

Moderare il perfezionismo dei bambini è possibile: ecco 6 semplici spunti che possono essere un buon inizio per attenuare il pefezionismo dei propri figli.

1) Linguaggio e atteggiamento

I figli guardano e apprendono il modo in cui noi reagiamo alle avversità.

Frasi come “La torta deve essere perfetta esattamente come voglio io!” oppure “Se al mio capo non piacerà il mio lavoro sarà una cosa terribile!” implicano un pensiero assoluto (una modalità di pensiero tutto o nulla) e negatività.

Quando qualcosa non va nel modo desiderato, preferite frasi del tipo “Ho lavorato molto e mi sono divertito a farlo. È un bel progetto, non deve mica essere perfetto!”.

Allo stesso modo, quando vostro figlio fa un disegno o scrive un testo, invece di dire “É perfetto tesoro!”, dite piuttosto “Ho visto che ti sei divertito/impegnato molto nel farlo! Ottimo lavoro!”.

Diventare consapevoli di quando siamo negativi rispetto al nostro lavoro o ad altri aspetti della vita, esprimiamo le nostre frustrazioni in modo ragionevole e verbalizziamo quali strategie alternative utilizziamo per risolvere il nostro problema. Nostro figlio ci guarderà e apprenderà da noi come essere costruttivi non significa essere perfetti.

2) Aspettative

figlio-insicuro 6 modi per attenuare il perfezionismo dei propri figli

Quando nostro figlio porta a casa un 7 in una verifica, cerchiamo di evitare di dire “Bravo, magari la prossima volta potresti portare a casa un bel 10..”. Così dicendo potrebbe concludere che per renderci felici deve prendere sempre 10 e che non lo ameremo mai abbastanza se non lo farà. I bambini devono invece sapere che li amiamo incondizionatamente e che notiamo tutti i loro sforzi. Certamente possiamo incoraggiarli a fare meglio, ma se in quel compito prendere 7 è stato il massimo che potevano fare, occorre premiarli. Insomma, i bambini hanno bisogno di capire che sono amati ugualmente indipendentemente dal voto che portano a casa.

3) Talenti

Quando i bambini hanno un talento e vogliono svilupparlo, è certamente qualcosa di meraviglioso. Premiamo i loro successi, ma senza venerarli, altrimenti imparerebbero che per sentirsi felici dipendono dalle nostre lodi.

Inoltre, capita spesso che bambini talentuosi e perfezionisti si focalizzino sulle piccole e fisiologiche imprecisioni nelle loro performance: la nota sbagliata durante il saggio di musica o il passo sbagliato durante lo spettacolo di danza. In queste evenienze, non siate sbrigativi dicendo “Non ti preoccupare amore. Nessuno l’ha notato. Sei stato perfetto lo stesso!”. Minimizzare la situazione non risolverà la sofferenza che vostro figlio sta provando. Piuttosto, quando sono tristi ed abbattuti, riconosciamo e validiamo i loro sentimenti (“so che adesso sei triste per avere fatto quell’errore”),  ascoltiamoli e, se necessario, abbracciamoli. Solo dopo potremo far notare il lato positivo della situazione e insegnare loro come è possibile affrontare il problema cercando nuove strategie.

4) Opportunità di successo o di fallimento

BambinoLibroSmall 6 modi per attenuare il perfezionismo dei propri figli

Se i nostri figli sono dei perfezionisti, la loro più grande paura riguardo al commettere errori è essere giudicati negativamente oppure essere rifiutati dai genitori e dagli amici.

Attraverso il gioco possono imparare che è divertente anche quando si perde. In situazioni ludiche, sperimentando sia successi che fallimenti e sostenuti dai genitori in entrambi le situazioni, i bambini possono capire che non è poi così grave non ottenere ciò che vogliono qualche volta.

Quando dovesse incappare in alcuni insuccessi, facciamogli notare che anche i suoi “idoli” non sono così perfetti come crede, anche loro fanno degli sbagli. 

Altro aspetto importante è che i figli vedano genitori che sanno ridere dei propri errori e accettarli. Occorre che apprendano da noi ad essere sufficientemente a loro agio anche nello sconforto, perché questo fa parte della vita. Questo permetterà loro di tollerare le frustrazioni e coltivare un sentimento di auto-compassione.

5) State in contatto con vostro figlio

Platone diceva “Si scopre l’altro molto di più in un’ora di gioco che in un anno di conversazione”. Giocare con i propri figli e trascorrere del tempo con loro è un’ottima opportunità per entrare nel loro mondo e trasmettere loro che siamo interessati a conoscerli per come sono, e non solo per quello che realizzano. Quando diventano adolescenti, ascoltateli quando vi raccontano le loro preoccupazioni di non essere sempre perfetti e all’altezza in ogni situazione. Nel farlo, mantenete la giusta distanza emotiva: non state troppo vicini perché si sentiranno soffocati, non state troppo lontani perché si sentiranno abbandonati. Il vostro amore incondizionato e il vostro interesse genuino permetteranno loro di sapere che anche durante la tempesta c’è un faro, e quel faro siete voi.

 

6) Insegnate loro a focalizzarsi sui processi, non sul risultato finale

kid-677080-845x321 6 modi per attenuare il perfezionismo dei propri figli

Vi è mai capitato che vostro figlio si assuma tutta la colpa quando la sua squadra perde? Attribuisce a se stesso tutti gli errori dimenticando che anche i suoi compagni di squadra sono responsabili della sconfitta. Così facendo, la tensione di dover vincere causa in lui una forte ansia e questo non gli permette di mostrare tutto il suo potenziale. Lo sport non è più un divertimento, ma diventa un peso.

Trasmettiamo ai nostri figli questo concetto: il meglio che possono fare è l’unica cosa che conta. Non sempre si può vincere.

Prima impareranno tutto questo, prima saranno felici. Insegnando loro a rialzarsi ridendo quando cadono, si potranno godere tutta la vita con le sue imperfezioni.

Certamente, essere determinati è molto utile nella vita di tutti i giorni. Tuttavia solo quando si impara a tollerare i fallimenti, la determinazione guiderà verso il successo.

 

Conclusioni:

Se un bambino impiega molto tempo a svolgere qualsiasi attività, perdendosi nei dettagli finchè non la considera perfetta, se è molto critico verso se stesso e se ha un’intensa paura di incorrere in errori, finendo per privilegiare sempre attività conosciute che può controllare, probabilmente ha tratti di perfezionismo.

Questo comportamento, che in piccole dosi può essere vantaggioso in quanto promuove il raggiungimento di standard elevati, in quantità eccessive diviene controproducente e doloroso.
Attenuare il suo perfezionismo diventa fondamentale per un’esistenza serena e votata al benessere.

Vai alla fonte in lingua originale

 

 

© Copyright - Studio di Psicologia e di Psicoterapia del dott. Diego Chiariello psicologo-psicoterapeuta - Via Corso Ettore Padovano, 132, Pagani (SA) - Cell. 320.93.04.455 P.IVA 05549300654